Giulia Tamburranno

CHI SONO

Chi sono

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Migliorare lo stile di vita per vivere meglio e più a lungo

La mia storia

Fin da piccola sognavo di diventare medico come mio padre. Vedevo in lui la capacità di guarire le persone malate, e mi sembrava che fosse l’unica carriera possibile per me. Immaginavo di seguire le sue orme e di avere la soddisfazione di essere qualcuno di importante. I miei genitori erano per me delle enciclopedie viventi, dei supereroi, e mi sentivo fortunata ad essere loro figlia.

Giocavo al dottore, immaginando di avere mille specializzazioni e di guarire tutti. Non vedevo l’ora di raggiungere l’età giusta per laurearmi in medicina. Intanto, mi dedicavo agli studi scolastici con discreti risultati, convinta che diventare medico fosse una formalità.

Tuttavia, c’era un dettaglio che stavo trascurando: stavo aumentando di peso. Nessuno sembrava notarlo, ma io continuavo a ingrassare. Arrivai all’ultimo anno di liceo con un peso di 85 kg, decisamente troppo per la mia altezza di 163 cm.

Con il senno di poi, ricordo il disagio e l’inadeguatezza che provavo quando uscivo con le mie amiche. Loro sembravano perfette, trovavano vestiti della loro taglia e attiravano ragazzi, mentre io mi sentivo esclusa. Mia madre comprava vestiti che presto non mi entravano più, e i rapporti affettivi veri e sinceri erano difficili da instaurare. Sorridevo all’esterno, ma dentro mi sentivo fragile.

Quando arrivò il momento di iscrivermi all’università, fui presa dalla crisi. Non ero più sicura che la medicina fosse ciò che desideravo. Iniziai a interessarmi alla genetica, spinta da mio padre, e a fantasticare di diventare una ricercatrice. Provai comunque il test di ammissione a medicina, convinta di non passarlo, ma sorprendentemente lo superai. Tuttavia, decisi di rinunciare e mi iscrissi a biologia.

La crisi non riguardava solo il percorso di studi, ma anche la mia vita personale. Mi sentivo inadeguata, non compresa da nessuno. Le relazioni con i ragazzi naufragavano, non riuscivo a confidarmi con le amiche, e a casa sembrava sempre che ci fossero cose più importanti di me. Per non pesare su nessuno, apparivo sempre allegra e pronta ad aiutare, ma dentro ero sola e il cibo era la mia compagnia. Più ingrassavo, più mi sentivo piccola e indifesa.

Oggi, ho capito che il mio interesse per il DNA nascondeva il desiderio di comprendere la mia parte affettiva, fino a quel momento indecifrabile. Gli anni dell’università sembravano bellissimi: mi piaceva quello che studiavo, avevo ottimi risultati, e anche il mio peso cominciava a scendere. Mi fidanzai con colui che sarebbe diventato mio marito, e tutto sembrava andare per il meglio.

Poi iniziai il mio percorso di ricerca e arrivarono le delusioni lavorative. La vita del ricercatore non mi soddisfaceva e il mio peso cominciò a salire di nuovo. Sentivo un vuoto e cercavo consolazione nel cibo, cad

endo in un ciclo continuo di diete fallite. Ogni lunedì iniziavo una nuova dieta, per poi sgarrare a metà settimana. Il mio peso oscillava costantemente, riflettendo le mie delusioni e frustrazioni.

Non tutte le crisi vengono per nuocere. Sentii dentro di me una voglia di cambiamento, di riscatto. Era il desiderio di riscoprire me stessa e il mio corpo. Mi interessai alla nutrizione, sperimentai diete su di me, ripassai concetti di biochimica, e lessi articoli scientifici sul metabolismo. Una nuova passione stava nascendo dentro di me.

Durante l’ultimo anno di dottorato, decisi con il mio compagno di avere un figlio. Mentre finiva la mia carriera in laboratorio, iniziava la mia nuova vita da mamma. La nascita di nostra figlia Ginevra portò grandi gioie e cambiamenti, ma anche preoccupazioni per il mio corpo che cambiava nuovamente. Questa volta, però, il mio umore non oscillava con il mio peso. Con Ginevra era nata una nuova me.

Nonostante tutto, il conflitto con il cibo non era finito. Sebbene fossi dimagrita, la lotta con la bilancia continuava. Decisi di affrontare la crisi come un’opportunità di miglioramento. Durante il primo anno di vita di nostra figlia, approfondii la nutrizione umana. Mi affascinava trovare nuove strategie per risolvere i problemi legati al peso. Volevo trasformare la mia esperienza in una professione e aiutare chi viveva le mie stesse difficoltà.

Una domanda continuava a tormentarmi: perché, nonostante sapessi cosa fare per stare in salute, continuavo a commettere gli stessi errori? Durante un seminario, una collega mi parlò di un corso che trattava di cibo e affetti. Sentii subito che poteva essere la risposta che cercavo. Mi iscrissi a un corso triennale di counseling per comprendere le dinamiche affettive dietro il peso corporeo. Capì che il mio rapporto con il cibo era legato alle emozioni e che i miei cicli di perdita e aumento di peso avevano un senso.

Il counseling mi aiutò a riconoscere quando confondevo la fame con altre emozioni come tristezza, gioia, noia e delusione. Ritrovai le parti belle di me, nascoste sotto strati di ciccia. Ora comprendo meglio il rapporto con il cibo e come può rappresentare scambio, condivisione, amicizia e amore.

La mia forma fisica non è perfetta, è in continuo cambiamento, come è giusto che sia. Accolgo questi cambiamenti con stupore e meraviglia. Questo è il mio lavoro e quello che voglio insegnare a chi, come me, affronta quotidianamente la propria battaglia per il cambiamento.

Come diceva Confucio: “Trova un lavoro che ti piace e non lavorerai neanche un giorno della tua vita“.

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